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Metodo Ancestrale

Il metodo ancestrale prevede che la presa di spuma avvenga con una fermentazione in bottiglia con i lieviti naturali già presenti nel vino.

La fermentazione è controllata con metodi fisici (filtrazione e abbassamento della temperatura) in modo che il mosto fermenti solo fino al raggiungimento di un preciso tenore zuccherino.

Dopodiché il vino viene lasciato riposare fino a Marzo, quando con la primavera, si presentano le condizioni per il risveglio del vino.

Questo è il periodo giusto per portare fuori il vino dalla cantina e imbottigliarlo.
I lieviti, così ossigenati e risvegliati dalla temperatura, sono pronti a ricominciare a fermentare lo zucchero rimasto e produrre l’anidride carbonica che, non potendo scappare dalla bottiglia, resta a darci la tipica bollicina.

Caratteristica unica del metodo ancestrale è quella di lasciare il residuo della fermentazione: il fondo.

Attenzione questo non è il fondo cattivo, derivante dalla scarsa qualità del vino, ma sono semplicemente i lieviti che avendo esaurito i loro compito si depositano.


I vini del metodo ancestrale possono essere gustati in vario modo: se si lascia il residuo sul fondo sentiremo soprattutto il sapore del vino, mentre se agitiamo delicatamente la bottiglia avremo il vino torbido, ma con un sapore più mercato dei lieviti.

Un’altra grande differenza è data del gustare un metodo ancestrale giovane o da un metodo ancestrale che è rimasto sui suoi lieviti per più tempo. Nel caso del vino giovane avremo sentori più freschi e agrumati, mentre nel secondo caso i sapori saranno più complessi e fragranti.

Il grande e pregio del metodo ancestrale è che spetta direttamente a chi lo degusta scegliere come
sperimentare una
lavorazione che ha radici antiche e che sta venendo sempre più riscoperta.

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